Cosa sono i GSB

Tutto ebbe inizio in un caldo pomeriggio di agosto. Camposcuola parrocchiale a Meschia, località amena ai margini del monte Vettore. Età media 17 anni. Il campo era ormai al termine e, come di consueto, si tiravano le somme. Tutte le riflessioni del campo erano state fatte sulla lettera di Giacomo,con al centro il famoso versetto “anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa”. Un richiamo alla fede operosa, che si pone degli obiettivi concreti, che rende visibile la conversione, il cambiamento di vita. Il campo era andato bene, eravamo affiatati, la Parola aveva fatto breccia, aveva aperto i nostri orizzonti. E così, come di solito accade in questi casi, è stato sufficiente accendere una miccia per provocare una esplosione. E' bastato che qualcuno ci dicesse “perché non organizzate una nuova tre giorni di giochi per i ragazzi in parrocchia?” per scatenare la fantasia e la voglia di fare.

 

 Così, quasi di getto, ci è venuto in mente sia il nome,“Giochi senza barriere” che lo schema generale: giochi in terra, giochi in acqua, serata finale. A dire la verità al Portone la tre giorni di giochi esisteva già, ma era per lo più concepita sullo schema delle olimpiadi, le “Portoniadi”.A noi però piaceva cambiare e lo schema dei Giochi senza frontiere ci sembrava più simpatico. I giochi sarebbero stati più buffi, con largo spazio a travestimenti, torri che cadono, percorsi accidentali e che dir si voglia. Inoltre fondamentale sarebbe stata l'acqua. Perché lo sanno tutti: se c'è l'acqua tutto è più divertente, basta una schizzo e già ridi. E poi è stato bello trovare un tema  unificante, che potesse generare un'unica coreografia.

 

Improvvisamente, tutti si sono sentiti coinvolti in questa avventura. Chi sapeva dipingere, chi cantare, chi ballare, chi usare gli attrezzi da lavoro, chi suonare. Insomma un esempio concreto e molto attraente di come rendere operosa la fede.

Detto in altri termini, credo che a molti di noi e a quelli dopo di noi quella esperienza abbia trasmesso lo stile con cui stare nella chiesa. Tutti sono importanti, nessuno è escluso. Tutto va condiviso, spiegato, in fondo amato. I conflitti, immancabili, possono essere occasione di crescita. 

 La cosa veramente sorprendente, forse unica, è stato per me vedere che dopo 25 anni i “Giochi senza barriere” sono più vivi che mai. Anzi, ogni anno ho l'impressione che le cose siano andate meglio rispetto all'anno precedente. I numeri parlano chiaro: per molti giovani i giochi sono forse l'esperienza più gustosa da fare in parrocchia. Si fatica ma ci si diverte anche. Si corre, ma alla fine si raggiunge una meta.

E poi ci sono i ragazzi, i giocatori, che davvero stravedono per i “Giochi senza barriere”. E' bello vedere come sia facile far passare la logica che è più importante partecipare che vincere. E' bello vedere come le squadre vivano in modo affiatato anche i cosiddetti “tempi morti” tra un gioco e l'altro. Sono i tempi in cui si fa evidente la dedizione e l'attenzione da parte degli animatori alla crescita umana e cristiana dei ragazzi. 

In 25 anni quante persone sono “passate” per i giochi! I ricordi si affollano, mi tornano alla mente tanti volti, tanti episodi. Davvero i “Giochi senza barriere” hanno scritto la storia della chiesa del Portone.

Francesco Spinozzi

 

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